Gli abitanti delle terramare erano contadini, allevatori, pastori e abili artigiani	
                
            
            
        
                             
                             
            "Le terramare erano villaggi dell'età del bronzo sorti in Emilia e nella zona centrale della pianura padana attorno alla metà del II millennio a.C. 	Ogni insediamento era abitato da alcune centinaia di persone (complessivamente circa 150 mila nel solo tratto di pianura  tra Bologna e Piacenza), era di solito a pianta rettangolare - le dimensioni variavano da 1 a 20 ettari - ed era dotato di fortificazioni artificiali, in genere costituite da alti terrapieni rinforzati da palizzate in legno e circondati da fossati con acqua. 	Le capanne, di dimensioni variabili tra i 40 e gli 80 metri quadrati, erano spesso costruite su piattaforme sostenute da pali, simili a quelle delle palafitte ma collocate sulla  terraferma e non su bacini lacustri, un sistema adottato per isolarle dall'umidità del terreno e renderle più confortevoli.	Le abitazioni e le fortificazioni dei villaggi terramaricoli, essendo realizzate con terra e legno, venivano spesso ricostruite e di conseguenza strati di macerie si accumulavano uno sull'altro dando luogo a vere e proprie collinette. Quando, attorno agli inizi del XII secolo a.C., i villaggi furono definitivamente abbandonati, le collinette si ricoprirono di vegetazione nascondendo la loro vera natura di rialzi artificiali prodotti dall'uomo e diventarono elementi caratteristici del paesaggio della pianura chiaramente visibili fino a poco più di un secolo fa. 	Nel corso dell'Ottocento, in pieno sviluppo agricolo e industriale, la terra che formava le collinette, ricca di componente organica, venne utilizzata come concime; le cave di terriccio, chiamate terre "mare" o "marne", rappresentarono per i proprietari un discreto introito economico, ma in pochi decenni il patrimonio archeologico e il paesaggio storico della pianura subirono un danno inestimabile. Tuttavia, fu proprio grazie alle cave che gli archeologi si accorsero che le collinette altro non erano che i resti di antichi abitati dell'età del bronzo.	Gli studi hanno messo in luce che le terramare furono l'espressione di una società piuttosto ricca e nell'Europa di quei tempi, fatta eccezione per il mondo miceneo in Grecia, anche tecnologicamente e culturalmente avanzata. 	Gli abitanti dei villaggi erano contadini, allevatori di bestiame e pastori. Conoscevano già l'aratro trainato dai buoi, coltivavano vari tipi di frumento, farro, orzo, ma anche leguminose come piselli e fave. Pare anche che fossero già in grado di irrigare i campi grazie a sistemi di canalizzazione delle acque.  Allevavano pecore e  capre in grande quantità, ma anche maiali  e bovini. Non mancavano i cavalli, che tuttavia non venivano mangiati, ma utilizzati per il traino di carri da trasporto o da guerra. 	Gli abitanti delle terramare erano anche artigiani di altissimo livello: modellavano vasi in ceramica, lavoravano il corno di cervo e l'osso per realizzare armi, utensili e ornamenti, tessevano stoffe di lana e di lino e soprattutto avevano raggiunto un alto grado di specializzazione nella realizzazione di armi, utensili e ornamenti in bronzo. 	All'interno della società terramaricola esisteva differenziazione sociale, ma la leadership condivideva le stesse sorti del resto della comunità; la società era di tipo cooperativo e all'interno esistevano capi e guerrieri, artigiani, contadini e pastori. 	Un fitto mistero avvolge la fine delle terramare. Attorno al 1180 a.C. o poco dopo i villaggi scomparvero in maniera apparentemente repentina. Gli archeologi non hanno finora trovato prove di invasioni o di distruzioni violente e nemmeno segni di disastri naturali che possano giustificare la fine delle terramare e dei loro abitanti.	"
        
        
		
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