Domenica 22 maggio visite, degustazioni ed esposizioni di reperti al Parco archeologico della Terramara di Montale, aperto per un giorno a ingresso gratuito
Cosa mangiavano i nostri antenati di 3 mila 500 anni fa' Come si procuravano il cibo' E quali tecniche adottavano per conservarlo e cucinarlo' Una risposta a queste domande è nell'esposizione di reperti, nelle visite guidate, nelle attività e nelle degustazioni in programma al Parco archeologico e museo all'aperto della terrramara di Montale, che domenica 22 maggio sarà aperto dalle 10 alle 19 ad ingresso gratuito. Il Parco, infatti, partecipa alla rassegna 'Cibi e sapori nell'Italia antica, promossa dal Ministero per i beni e le attività culturali, e al progetto 'Musei da gustare', a cura della Provincia (informazioni ai numeri 059-2033101-532020 e nel sito www.parcomontale.it). Grazie agli enormi e recenti progressi di discipline come la paleobotanica e l'archeozoologia, conoscere la dieta degli abitanti della pianura padana nell'età del bronzo non è più un'impresa impossibile. 'Attraverso l'analisi di pollini, semi e frutti rilevati negli scavi archeologici ' spiega Ilaria Pulini, responsabile del Museo civico archeologico di Modena - sappiamo che il paesaggio attorno alle terramare era occupato da ampie zone disboscate destinate a pascolo o alla coltivazione dei cereali, soprattutto grano e orzo, ma anche paníco, avena e segale, mentre negli orti nelle immediate vicinanze del villaggio si coltivavano diverse varietà di legumi, come fave, lenticchie e vecce'. A Montale, come nel resto delle terramare, sono stati rinvenuti attrezzi impiegati per usi agricoli: zappette in corno di cervo per dissodare il terreno, falcetti in bronzo o con lame di selce per la mietitura e perfino un piccolo aratro in legno di quercia. All'interno del villaggio, accanto alle case, esistevano granai per lo stoccaggio del raccolto: l'incendio di una di queste strutture è documentato nello scavo di Montale dal rinvenimento, in una fase databile fra la fine del XV e gli inizi del XIV secolo a.C., di svariati milioni di semi carbonizzati soprattutto di orzo e frumento frammisti a resti di elementi lignei. 'Oltre ai cereali, con cui si preparavano presumibilmente zuppe e focacce, la dieta degli abitanti delle terramare doveva includere latticini e carni, soprattutto di pecora, capra, maiale e in misura minore di bovino', prosegue Pulini. 'Sporadicamente venivano consumati anche animali selvatici, dal cervo al capriolo al cinghiale. I cibi venivano cotti in pignatte di ceramica all'interno di piccoli forni e riscaldati su fornelli di terracotta. Le carni erano arrostite direttamente sulle braci dei focolari utilizzando spiedi in legno. Verdura e frutta derivavano da quanto la natura offriva spontaneamente: mele e pere selvatiche, prugnoli, more e soprattutto cornioli, da cui gli abitanti delle terramare ricavavano probabilmente una bevanda alcolica fermentata'.
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