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27/03/2007

CONSIGLIERE DIVISE SULLA PUBBLICITA' DI DOLCE E GABBANA

Il Consiglio comunale approva l'ordine del giorno presentato da Società civile.



Arriva anche sui banchi del Consiglio comunale di Modena la campagna pubblicitaria di Dolce e Gabbana “violenta e sessista” per i tanti che ne hanno chiesto la messa al bando (tra i quali anche 13 senatori e la ministra alle Pari Opportunità) e che ora è stata vietata dal Comitato di controllo anche in Italia, come era già accaduto in Spagna. La consigliera Rosa Maria Fino (Società civile) prima firmataria dell’ordine del giorno “Stop alla campagna pubblicitaria di Dolce e Gabbana”, sottoscritto anche da Verdi, Sdi, Ds, Udeur, Margherita e Rifondazione Comunista, ha però precisato che esso vuole essere esteso a tutti i “messaggi pubblicitari non rispettosi della dignità della donna, oltre che dell’infanzia e dei diritti umani in genere”. A tal proposito la consigliera ha citato una campagna pubblicitaria ancora in circolazione, questa di Armani, che “usa due bambine tailandesi truccate e atteggiate da adulte per veicolare un messaggio che allude chiaramente al turismo sessuale in Asia” ed un’ulteriore che “associa una modella in calzoncini su un escavatore all’immagine del lager nazista”. Il Consiglio ha approvato l’odg con il voto favorevole della maggioranza; astenuti: Udc, An, Modena a Colori, Lega Nord e Forza Italia e gruppo Indipendente.
“La pubblicità che rappresenta una scena di pre-stupro di gruppo con un uomo a torso nudo che tiene una donna immobilizzata a terra stringendole i polsi, tra l’indifferenza di altri uomini che osservano impassibili la scena – ha spiegato la Fino – incita alla violenza contro le donne in un mondo dove essa rappresenta già una piaga dilagante. L’immagine, spacciata per arte dagli stilisti, è denigrante nei confronti delle donne, ma anche nei confronti degli uomini di cui dà un’immagine machista. Speriamo che l’iniziativa del Consiglio possa contribuire a ridimensionare l’arroganza di quella moda che utilizza il corpo della donna come puro oggetto sessuale a fini commerciali”.
Per Eugenia Rossi (Ds) “non è la moda a dover essere condannata, che anzi può diventare un’espressione di libertà e una manifestazione della propria personalità, da leggersi quindi anche con un senso di ironia. Inoltre la moda è un’attività industriale, un settore importante per l’economia italiana”. “In fondo sappiamo – aggiunge la Rossi – come la pubblicità sia persuasione occulta che richiede un calo dell’intelligenza e fa leva quasi esclusivamente sulla sfera emotiva, quindi occorre affrontare questi messaggi con senso critico. La foto tremenda che specula sull’olocausto non è un episodio isolato; la pubblicità d’altra parte è tanto più pericolosa quanto più è sommersa, quella di Dolce e Gabbana è esplicita e poco intelligente, ma parlandone tanto non facciamo che il loro gioco”.
Pienamente d’accordo con la Fino è invece l’assessore alle Pari Opportunità Simona Arletti: “Per una campagna pubblicitaria ritirata dai media altrettante ne escono, quindi è giusto che ce ne occupiamo. La pubblicità non è una forma d’arte in cui tutto è lecito, non è un’opera d’arte che posso decidere di andare a vedere in un museo, poiché tappezzando di manifesti la città, di fatto, la pubblicità viene imposta alla gente e i messaggi che veicola finiscono con il fare cultura. Il messaggio di Dolce e Gabbana è inaccettabile per la donna quanto per l’immagine che dà dell’uomo”.
Secondo Olga Vecchi (FI) invece “la pubblicità di Dolce e Gabbana non è lesiva della dignità delle donne né delle persone in genere”. “Altro discorso – sottolinea la consigliera - se chiamiamo in causa il buon gusto, e a questo proposito potrei allora dire che la campagna pubblicitaria di cui parliamo è in buona compagnia con la gran parte dei programmi televisivi che i media ci propinano. Diverso sarebbe, invece, il discorso per l’altra pubblicità, quelle delle bimbe vestite e truccate da adulte, che io però non ho visto”. Da Dante Mazzi (FI) arriva una decisa condanna all’uso discrezionale che a suo dire si è fatto del Regolamento “considerato che la mozione è stata considerata urgente quando la pubblicità era stata ormai ritirata” e allude al tentativo “di boicottare l’azienda Dolce e Gabbana, mentre occorre parlare di cose che interessano i cittadini”. Sta al Presidente del Consiglio Ennio Cottafavi spiegare che il carattere di urgenza all’ordine del giorno è stato riconosciuto dall’Assemblea dei capigruppo che ne hanno facoltà.
Sergio Celloni (Udc) preannuncia la sua astensione dal voto “anche se – ammette - capisco le preoccupazione della consigliera Fino e condivido la considerazione, sulla strumentalizzazione che si fa del corpo della donna per ottenere un maggiore impatto pubblicitario”. Per il consigliere “ci dovrebbe essere un’etica della comunicazione una regolamentazione che però dovrebbe venire da un Garante”. Sergio Rusticali (Sdi) insiste sul fatto che “non si tratta di una condanna all’industria della moda, poiché il riferimento è legato a un episodio specifico”. “Ce la prendiamo in questo caso con Dolce e Gabbana – precisa, infine, Mauro Tesauro (Verdi) - proprio per difendere chi è più esposto ai messaggi pubblicitari, la campagna non è quindi da censurare ma da rigettare”.

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