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28/03/2007

SCHEDA/COSI' SI VIVEVA NELL'ETA' DEL BRONZO

Gli abitanti delle terramare erano contadini, allevatori, pastori, artigiani e guerrieri
Le terramare sono villaggi dell’età del bronzo sorti in Emilia e nella zona centrale della pianura padana attorno alla metà del II millennio a.C. Gli insediamenti, abitati da alcune centinaia di persone (complessivamente circa 150 mila nel solo tratto di pianura tra Bologna e Piacenza), erano di solito a pianta rettangolare - le dimensioni variavano da 1 a 20 ettari – e dotati di fortificazioni artificiali costituite da poderosi terrapieni rinforzati da palizzate lignee e circondati da fossati.
Le capanne, di dimensioni variabili tra i 40 e gli 80 metri quadrati, erano spesso costruite su piattaforme sostenute da pali, simili a quelle delle palafitte, ma collocate sulla terraferma e non su bacini lacustri, un sistema adottato per isolarle dall’umidità del terreno e renderle più confortevoli.
Le abitazioni e le fortificazioni dei villaggi terramaricoli, essendo realizzate con terra e legno, venivano spesso ricostruite e di conseguenza strati di macerie si accumulavano uno sull’altro costituendo così delle collinette alte alcuni metri. Quando, attorno agli inizi del XII secolo a.C., i villaggi furono definitivamente abbandonati, le collinette si ricoprirono di vegetazione nascondendo la loro vera natura di rialzi artificiali prodotti dall’uomo e diventarono elementi caratteristici del paesaggio della pianura.
Nel corso dell’Ottocento, in pieno sviluppo agricolo e industriale, la terra che formava le collinette, ricca di componente organica, venne utilizzata come concime; le cave di terriccio, chiamate terre “mare” o “marne”, rappresentavano per i proprietari un discreto introito economico, ma in pochi decenni di sfruttamento intensivo il patrimonio archeologico e il paesaggio storico della pianura subirono un danno inestimabile. Tuttavia fu proprio grazie a quelle cave che gli archeologi dell’epoca si accorsero che le collinette altro non erano che i resti di antichi abitati dell’età del bronzo.
Le ricerche, iniziate allora e riprese negli ultimi vent’anni, hanno rivelato che le terramare furono l’espressione di una società piuttosto ricca e, nell’Europa di quei tempi, anche tecnologicamente e culturalmente avanzata. Gli abitanti dei villaggi erano contadini, allevatori di bestiame, pastori e guerrieri. Conoscevano già l’aratro trainato dai buoi, coltivavano vari tipi di frumento, farro, orzo, ma anche leguminose come piselli e fave. Pare inoltre che fossero già in grado di irrigare i campi grazie a sistemi di canalizzazione delle acque. Allevavano pecore e capre in grande quantità, ma anche maiali e bovini. Non mancavano i cavalli, che tuttavia venivano utilizzati esclusivamente per il traino di carri da trasporto o da guerra e non a scopo alimentare. Gli abitanti delle terramare erano anche artigiani di altissimo livello: modellavano vasi in ceramica, lavoravano il corno di cervo e l’osso, tessevano stoffe di lana e di lino e soprattutto avevano raggiunto un alto grado di specializzazione nella realizzazione di armi, utensili ed ornamenti in bronzo. All’interno della società terramaricola esisteva una certa differenziazione sociale, tuttavia la leadership, costituita dal ceto guerriero, condivideva le stesse sorti del resto della comunità: una società di tipo cooperativo, all’interno della quale coesistevano capi e guerrieri, artigiani, contadini e pastori.
Un fitto mistero avvolge la fine delle terramare. Attorno al 1180 a.C. o poco dopo i villaggi scomparvero in maniera apparentemente repentina. Gli archeologi non hanno finora trovato prove di invasioni o di distruzioni violente e nemmeno segni di peggioramenti ambientali che possano giustificare la fine delle terramare e dei loro abitanti. Tuttavia, dopo cinque secoli di ininterrotto successo l’esperienza storica di questa civiltà, una delle più significative e suggestive di tutta la protostoria europea, si conclude lasciando un grande vuoto nella pianura che l’aveva accolta.

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