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22/10/2010

MODENA, 18 CHILOMETRI PER LA MEMORIA STORICA DELLA CITTÀ

Gli scaffali del nuovo Archivio generale di deposito custodiscono documenti e atti amministrativi la cui corretta conservazione fa risparmiare tempo e denaro pubblico


Con i suoi 18 chilometri di scaffali è la memoria della città. Chi si chiede dove vanno a finire i contratti, le pratiche e gli atti del Comune, chi ha bisogno di recuperare un progetto edilizio di qualche anno fa o vuole studiare l’ultimo mezzo secolo di attività amministrativa si imbatte nell’archivio generale di deposito del Comune di Modena.
Nel nuovo edificio di via Cavazza 25 trovano, infatti, spazio tutti i documenti prodotti dall’Amministrazione che la legge impone di conservare. Nel caso dell’edilizia e dell’urbanistica, poter recuperare progetti e planimetrie originali fa risparmiare ore o giornate di lavoro quando si rendono necessari interventi di ristrutturazione e restauro. E molti documenti, una volta esaurita la loro funzione pratica, possono trasformarsi in fonti per la ricerca storica
“Anche il trattato che sigla la pace di Costanza del 1183”, spiega il direttore dell’Archivio storico Aldo Borsari, “uno dei più antichi e importanti documenti che conserviamo nella nostra sede centrale al Palazzo dei musei, è nato con una funzione amministrativa, come un contratto che sanciva i diritti dei Comuni nei confronti dell’imperatore Federico Barbarossa, e con quella funzione è stato inizialmente conservato. Il passare dei decenni e dei secoli ne ha progressivamente diluito l’importanza operativa per sostituirla con un valore storico e culturale”.
Inizialmente, i documenti si conservano negli “Archivi correnti”, nelle sedi dei diversi uffici e settori dell’Amministrazione comunale. Onere del personale dell’Archivio è anche coordinare e formare i 300 dipendenti del Comune che, a tempo pieno o parziale, si occupano di gestire i flussi di documenti e registrarli correttamente nel Protocollo informatico. Dopo un periodo medio di 5 anni, i documenti passano all’Archivio di deposito di via Cavazza, dove rimangono in media altri 35 anni. Superati i 40 anni dalla data di produzione, un documento può essere conservato per il proprio valore storico. I documenti antichi, dall’anno Mille in poi, sono all’Archivio storico all’interno del Palazzo dei Musei, in viale Vittorio Veneto 5. “La prima fase dell’archiviazione di un documento è quella del cosiddetto ‘archivio corrente’, cioè la documentazione che ogni ufficio e settore dell’Amministrazione conserva nella propria sede”, racconta Borsari. “Quando un ufficio decide di ‘fare pulizia’ interveniamo noi e selezioniamo il materiale che può essere scartato e quello meritevole di conservazione”.
In via Cavazza i documenti arrivano in camion e per prima cosa vengono spolverati, poi dotati di un codice a barre (che è una sorta di nome e cognome del documento) e infine collocati in uno scaffale. Ogni posizione dell’archivio, che è interamente coperto dalla rete internet wireless, è a sua volta associata a un altro codice a barre. Attraverso un lettore ottico, l’informazione su un documento e sulla sua precisa collocazione viene inserita in un indice informatizzato che consente di rintracciare ogni atto: dalle delibere del 1945, quando ad amministrare la città era ancora la Giunta provvisoria nominata dal Consiglio di liberazione nazionale, agli attestati di partecipazione ai corsi organizzati negli ultimi anni per le cuoche degli asili nido.
 

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