La riforma del mercato del lavoro deve partire dagli ammortizzatori sociali, da norme che introducano il principio del maggior costo del lavoro interinale rispetto al lavoro subordinato a tempo indeterminato e dal superamento legislativo della precarietà. Si dovrebbe puntare “su pochi o su un unico strumento di flessibilità preliminare al contratto a tempo indeterminato, senza riduzione di diritti e tutele per i nuovi assunti”. E’ questo il parere del Consiglio comunale di Modena, che ha chiesto alla Giunta di comunicarlo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al ministro del Welfare Elsa Fornero e ai sottosegretari Martone e Guerra.
Lo ha deciso l’Aula nella seduta di lunedì 27 febbraio approvando l’ordine del giorno della maggioranza, illustrato da Federico Ricci (Sinistra per Modena), con il voto favorevole di Pd e Sinistra per Modena, contrario di Pdl e Mpa, l’astensione dell’Idv e il non voto di Modenacinquestelle.it, Udc, Lega moderna e della consigliera del Pd Franca Gorrieri.
Per il Pd ha aperto il dibattito Giulia Morini, che ha sottolineato come l’articolo 18 non sia il vero problema del mercato del lavoro italiano: “Lo è il peso insostenibile che ricade sul lavoro giovane e precario, al quale si chiede di pagare in via quasi esclusiva il peso del cambiamento strutturale dell’economia italiana”. Franca Gorrieri ha annunciato un “non voto” motivato dal fatto che “il tema dell’articolo 18 deve essere trattato in altri luoghi. Il Consiglio è organo di indirizzo e controllo politico amministrativo; capita invece che vengano messi in discussione argomenti non legati alla realtà e ai problemi concreti della città”, ha aggiunto. Claudia Codeluppi ha precisato che l’articolo 18 non è presente solo in Italia, ma in 15 Paesi dell’Unione europea: “Riguarda solo il 3% delle imprese che occupano però circa la metà degli occupati nell’industria e nei servizi – ha detto – ma il problema è dare risposta ai nuovi bisogni di tutela”. Cinzia Cornia ha difeso la scelta di trattare il tema in Consiglio: “Considero una bestemmia l’idea che l’Aula non debba interessarsi agli aspetti economico-imprenditoriali degli italiani e dei modenesi. Qualsiasi istituzione che si fregia di fare politica se ne deve occupare”. Dello stesso parere anche Michele Andreana, per il quale il Consiglio “non ha solo una funzione amministrativa, ma anche di indirizzo politico”. Il consigliere ha sottolineato che “l’articolo 18 è un piccolo granellino all’interno del grande tema degli ammortizzatori sociali. E’ l’articolo 18 che impedisce di creare lavoro buono per i giovani?”, si è infine chiesto. William Garagnani ha parlato di “fallimento della politica del lavoro italiana negli ultimi 20 anni”, perché “dal ministero Treu in poi abbiamo puntato a rimanere sul mercato attraverso i lavoratori usa e getta; ci si deve domandare se li si vuole considerare una risorsa”. Il capogruppo Paolo Trande ha affermato che “è impensabile che la 16esima città d’Italia non dica la sua su un tema come questo. Bisogna evitare di concentrare tutto il dibattito solo sull’articolo 18, perché le vere questioni sono l’estensione degli ammortizzatori sociali e la riduzione delle tipologie di contratto”. Per Federico Ricci, Sinistra per Modena, la mozione cerca di tenere in equilibrio la complessità della questione: “Non è un errore che l’articolo 18 sia indicato solo nelle premesse e non nel dispositivo, è assolutamente voluto. Forse è vero che cerchiamo di volare al di là delle mura cittadine, ma è anche vero che la Commissione speciale crisi ci ha portato a queste conclusioni”.
Per Gian Carlo Pellacani, Pdl, “la mozione è infarcita di notevoli e grossolani errori e non è vero che eliminando l’articolo 18, presente solo in Italia, si aprirebbe la porta ai licenziamenti privi di giustificazione” perché rimarrebbe in vigore l’articolo 8 della legge 604. “Vanno ridotte le differenze macroscopiche e sperequative tra i due regimi”, ha aggiunto. Michele Barcaiuolo, Pdl, ha affermato che “il Consiglio si deve occupare dei temi più svariati, non solo locali” e si è detto d’accordo sulla “necessità di aumentare il livello di tassazione sui contratti a tempo determinato; l’ultimo Governo ha fatto provvedimenti per incentivarne la trasformavano a tempo indeterminato”, ha sottolineato. Per Sergio Celloni, Mpa, “la crisi del nostro sistema economico si basa su massicce forme di tutela assistenziale e sul lavoro improduttivo. Bisogna che gli italiani vadano a lavorare, perché molti finora hanno vissuto in modo parassitario; è una presa in giro per chi lavora”. Secondo Davide Torrini, Udc, “il problema è modificare il sistema di relazioni sindacali e industriali per garantire comunque le tutele. Invece di continuare a contrapporsi lasciando a chi ha la forza la possibilità di imporre ciò che vuole, come è successo con il caso Fiat, vale la pena di trattare per scrivere nuove regole di tutela del lavoro”. Per Vittorio Ballestrazzi, Modenacinquestelle.it, le priorità sono altre e “solo quando saranno tutte definite, con le risorse per farle partire, allora si potrà ragionare sul lavoratore e sul lavoro. Per ora, l’articolo 18 non va toccato: significherebbe minare lo Statuto dei lavoratori”. Eugenia Rossi, Idv, ha definito l’industria di oggi “obsoleta” e bisognosa di profondi cambiamenti. “Il tavolo di trattative sulla riforma del lavoro riguarda tutta la struttura dell’economia e del complesso industriale e per questo avrei voluto un ordine del giorno più complesso”, perché per affrontare questi problemi, ha aggiunto la consigliera, è necessario parlare di delocalizzazione.
In conclusione di dibattito è intervenuto il sindaco Giorgio Pighi, che ha ricordato come l’articolo 18 riguardi il reintegro sul posto di lavoro in caso di licenziamento per ingiusta causa. “Si tratta di una tutela dei lavoratori a tempo indeterminato rispetto a una tendenza alla precarizzazione che ci deve preoccupare tutti. Se quella tutela sparisse la precarizzazione subirebbe un’accelerazione”.
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