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15/04/2013

DAL TASSONI AL GUERCINO, UN INCONTRO SUL “BELLO VOLGARE”

Mercoledì 17 aprile alle 16 De Pretis all'Accademia di Scienze lettere e arti

Dalla “Secchia rapita” di Alessandro Tassoni, la cui versione autografa è conservata all'Archivio storico del Comune di Modena, ai capolavori pittorici del Guercino, in particolare “Venere, Marte e Amore”, conservato alla Galleria Estense di Modena: si muoverà tra queste opere, emblematiche della civiltà artistica emiliana del primo Seicento, la conferenza di Agostino De Pretis in programma mercoledì 17 aprile alle 16 all'Accademia di Scienze lettere e arti di corso Vittorio Emanuele 59. La dissertazione, promossa dall'Archivio storico del Comune di Modena in collaborazione con l'Accademia di Scienze lettere e arti e il Ratto d'Europa, si intitola “Il bello volgare dalla 'Secchia' del Tassoni agli esiti nel Guercino” e metterà in luce la rilevanza che la linea di ricerca rappresentata dai due autori assume in campo europeo e sul carattere tutt’altro che localistico della poesia tassoniana e della pittura del Guercino. Nonostante li separi una generazione, entrambi sono esponenti di un realismo plebeo in contrasto con una linea classicista e in opposizione alla linea propriamente barocca.

Il Palazzo dei Musei di Modena custodisce due delle opere più emblematiche della civiltà artistica emiliana del primo Seicento: in versione manoscritta autografa la “Secchia” di Alessandro Tassoni, all’Archivio Comunale, e un dipinto-manifesto delle collezioni ducali estensi (“Venere, Amore e Marte”, del Guercino), all'interno della Galleria Estense (oggi temporaneamente collocato al Palazzo Ducale di Sassuolo). Nonostante li separi una generazione (il più giovane è l’artista centese nato nel 1591, mentre il poeta geminiano era nato nel 1565), entrambi sono esponenti di un realismo plebeo che si poneva in contrasto sia con il classicismo sia con il barocco. Il realismo da essi propugnato si alimenta di modelli picareschi e di Giulio Cesare Croce, del primo Annibale Carracci e di Caravaggio, e prelude agli esiti europei della pittura carnale e di soggetto contadino, e a quella dei bamboccianti e dei battaglisti, ma anche a Callot e a Scarron, dove le influenze della letteratura sulla pittura e di quest’ultima sulla prima danno vita a un gioco incrociato. Riavvicinare in questo riesame Tassoni e Guercino significa anche distogliere la fruizione del primo dagli apparati illustrativi sedimentatisi nel corso del tempo sul suo poema-capolavoro, che avevano condotto ad interpretarlo in chiave troppo riduttiva, ma significa al tempo stesso depistare la lettura del Guercino dal cliché di pittore tassesco, fondato sul solo fatto che in talune occasioni il centese ha illustrato personaggi e brani tratti dalla “Gerusalemme liberata”, per coglierne semmai, anche in tali momenti, prima della svolta classicista, una sensibilità che non è azzardato definire tassoniana.

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