La musica contemporanea negli spazi densi di significato del Palazzo dei Musei: sabato e domenica 21 e 22 maggio continuano in viale Vittorio Veneto 5 i concerti di “Sconfini: Suoni, azioni e visioni per un teatro dell'orecchio contemporaneo” . La rassegna, con la direzione artistica di Marco Visconti-Prasca, è promossa dagli assessorati alla Cultura e alle Politiche giovanili del Comune di Modena. Per informazioni ci si può rivolgere al Centro Musica, 059.2034810.
Questi i dettagli del programma di quest’anno: venerdì 20 maggio alle 18.30 aprirà l’iniziativa il “Concertus loci” del compositore inglese Stephen Davismoon, la cui musica elettronica riempirà gli spazi del Lapidario romano restandone inevitabilmente influenzata. Sabato 21 alle 16.30 lo stesso Davismoon insieme a Mauro Sambo e Marco Visconti Prasca proporrà “Composizione Liquida”, concerto che tenta di sfatare il diffuso pregiudizio che vede la disciplina dell’improvvisazione subordinata e inferiore rispetto alla pratica della composizione. Questo incontro di improvvisazione musicale si pone come ponte tra il "concerto" di Stephen Davismoon e il lavoro di Mauro Sambo, offrendo un esempio di inversione dei ruoli per dimostrare come rigore e coerenza siano patrimonio comune del fare musica.
Mauro Sambo, astista di impronta rinascimentale, si esibirà da solo poche ore dopo, sabato sera alle 21, negli spazi del Lapidario Romano, con “Il perdono purifica l'offeso” (Jorge Luis Borges). L’artista è caratterizzato da una doppia identità come musicista e scultore/installatore. Domenica 22 maggio alle 18.30 toccherà ad Angelica Cathariou con “Voce sola/Non solo voce…” esplorare il confine tra musica e teatro, in una performance che, nonostante le partiture scritte, vedrà l’interprete proporre un atteggiamento radicalmente improvvisativo, per invitare lo spettatore a smuovere e riflettere sulla gamma degli umori che ogni individuo può attraversare, per caso, nella vita di ogni giorno.
Le proposte per l’edizione 2011 si riallacciano all’espressione “teatro dell'orecchio”, coniata nella seconda metà del Cinquecento dal modenese Orazio Vecchi per il proprio “Amfiparnaso”, una rappresentazione scenica destinata più all’ascolto e all’immaginazione che alla vista.
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